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LEGAME ARMONICO...ESCLUSIVO,  INTERVISTA A VITTORIO MARTELLOTTA! 

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Oggi mi trovo a chiacchierare con uno dei chitarristi emergenti del panorama Pugliese: vi parlo di Vittorio Martellotta,direttamente dalla città dei trulli, grande amico con cui ho condiviso una non breve esperienza di concerti. Ho sempre ammirato la sua ricerca del Suono, con la S maiuscola, il suo meticoloso e capillare studio sulla precisione.

Vittorio, come nasce l’amore per questo strumento? E in che modo ha cambiato la pianificazione del tuo futuro?  Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti e per avermi dato la possibilità di parlare del mio progetto. Diciamo che la musica è sempre stata presente nella mia famiglia, mio padre e il mio bisnonno fisarmonicisti, il mio nonno materno chitarrista e bassista, mia madre ascoltatrice seriale di musica anni ‘80, gli stimoli di certo non sono mancati. Tuttavia, in un primo momento da bambino non ero per nulla attratto dalla musica, men che meno dagli strumenti musicali (nonostante casa mia ne fosse piena).Ciononostante, verso i 10/11 anni, scattò qualcosa in me che mi portò verso la chitarra, e come accade molte volte in questi casi, iniziai a “giocare” con una chitarra inutilizzata che avevo in casa e con cui successivamente iniziai a prendere le mie prime lezioni. In tutto questo posso dire che la musica non ha cambiato la mia pianificazione del futuro. Ora che ci penso, ho sempre avuto chiaro il percorso che intendevo fare: studiare al conservatorio, migliorarmi e lavorare con la musica.
Per chi non lo sapesse, Vittorio proviene da una formazione prettamente classica (si è diplomato al Conservatorio di Monopoli anni fa). Com’è il tuo rapporto con il panorama classico? Conservi ancora alcuni “stilemi”? Hai unito la tecnica classica all’approccio con la chitarra elettrica? E cosa ne pensi dell’attuale metodo dell’insegnamento di questo strumento in conservatorio (sia nel dipartimento classico che in quello jazz/pop)? Attualmente sono un po’ fuori dal “giro” della musica classica, anche se ogni tanto mi capita di tenere qualche piccola esibizione in formazione di musica da camera.  In ogni caso posso dire che lo studio della tecnica classica mi ha agevolato molto sulla chitarra elettrica. Una volta che riesci a sviluppare la tecnica “corretta” hai molta più facilità ad approcciarti sulla chitarra elettrica, o almeno è stato così per me.Per quanto riguarda l’insegnamento in conservatorio posso parlarti della mia esperienza nel dipartimento classico. L’aspetto didattico allo strumento che si trova in conservatorio, a mio parere è il tipo di approccio migliore che si possa trovare. Ci si concentra tantissimo sull’espressività, la ricerca del tocco, del “colore” del suono, la “proiezione” sonora, tutti elementi che ho cercato di trasferire sulla chitarra elettrica e che secondo me vengono un po’ troppo trascurati nell’ambito moderno. Molto spesso infatti mi capita di sentire chitarristi fenomenali, con una tecnica incredibile ma con un suono e un tocco che non gli rende per niente giustizia.
E’ uscito il tuo nuovo singolo che si intitola “Beyond”. Come ti dissi in privato, lo considero molto organizzato nelle sue parti, solido nella sua struttura, oltre che essere molto chiaro dal punto di vista armonico e melodico. Come nasce un brano di Vittorio Martellotta? Qual è il suo iter compositivo? Sei sempre soddisfatto dei tuoi lavori o c’è stato qualcosa che in passato hai cestinato? Come è facile intuire Beyond l’ho composto durante questo periodo “particolare” che stiamo vivendo, ma vi risparmierò tutte le eventuali retoriche del caso. Semplicemente, una volta che la situazione ha preso una certa piega ho deciso di sfruttare il tempo a disposizione per comporre altro materiale e lavorare su “me stesso” dal punto di vista artistico e professionale, studiando e cercando di migliorare i miei punti deboli. Venendo quindi al brano, ho cercato di lavorare molto sui “contrasti”.  A livello compositivo è basato su una semplice ma energica idea melodica che si contrappone a delle sezioni più meditative ed aggressive con le quali ho cercato di dare dei “colpi di scena” musicali e creare degli “ambienti sonori”.  In generale quando compongo cerco sempre di rappresentare delle “scene musicali”, delle immagini, come se si trattasse di un film. Per come sono io non sono mai soddisfatto sempre al 100 % dei miei lavori, ma per un motivo molto semplice: cerco sempre di migliorarmi nel corso del tempo, sia a livello di composizione che di produzione, e mi pongo una “mentalità a step”, ovvero, una volta finito il lavoro mi pongo la domanda: “Ok, adesso bisogna salire di livello. Cosa devo migliorare? Cosa c’è che ancora non mi piace?”. Può sembrare una visione un po’ troppo pignola e perfezionista, ma è l’unico modo che ti permette di migliorarti nel corso del tempo e crescere. Il mio iter compositivo è abbastanza semplice: appena mi viene un’idea la registro al volo, anche sul telefono e successivamente inizio a svilupparla in studio. Molto spesso si incontrano difficoltà o blocchi durante il processo, ma quando succede ho capito che è importante non forzare le cose e non fossilizzarsi su una sola idea, in quel caso la metto da parte e passo ad altro. Tante volte è successo che un’idea che non aveva trovato sviluppo per un brano precedente ha trovato la collocazione in un altro. Per fare un esempio, l’arpeggio di “The Walking Tree” è rimasto registrato sul mio telefono per 4 anni, quando ad un certo punto riascoltandolo dopo tantissimo tempo è sfociato in un brano completo, in maniera naturale. In conclusione di ciò, posso dire che secondo me non andrebbe mai cestinato nulla, tutto può sempre tornare “utile” in futuro.
Questo non è il primo lavoro che hai pubblicato. Due anni fa usciva un EP dal nome “The Children Are Playing”: parlaci di questo prodotto discografico. Com’è cambiato Vittorio da allora?  Diciamo che è stata la mia prima esperienza “autonoma” dal punto di vista della produzione e della registrazione, e nonostante per certi versi possa sembrare un lavoro un po’ acerbo, ci tengo particolarmente, perché per me rappresenta il primo passo nel mondo della musica strumentale in veste di “artista solista”. Venendo all’aspetto personale, posso dire che a due anni di distanza dal primo lavoro penso di essere cambiato molto, anche per via del fatto che cerco sempre il miglioramento, il passo successivo, cerco per quanto possibile di non fermarmi mai.
Domanda di rito per ogni artista: quali sono i tuoi programmi per il futuro? Per quest’anno ho intenzione di pubblicare altri singoli a intervalli “regolari”. Ho scelto questa strada rispetto alla pubblicazione di un EP perché al momento è l’opzione che si concilia meglio con i miei ritmi lavorativi e di vita in generale. 
Essendo concentrato su un singolo brano per volta, mi permette di dedicarmi al meglio sulla composizione e sulla produzione, dato che ora come ora per me non avrebbe senso far uscire un’EP o un album ogni due anni e non poterci dedicare tutto il tempo che voglio visto che avrei a che fare con più brani da gestire contemporaneamente. Penso infatti che nella fase iniziale di un’artista è più utile tirare fuori qualcosa di piccolo, qualitativamente al top, ma con costanza, piuttosto che un mega album con 28 brani e poi sparire per altri 2/3 anni. Quello lo lasciamo fare ai TOOL che possono uscire con un album ogni 10 anni.
Grazie mille per questa deliziosa e costruttiva chiacchierata, e non ci resta che ascoltare la tua nuovissima “Beyond”!
*Vi ricordiamo che il singolo è disponibile sul canale YouTube e Spotify di Vittorio e potrete scaricarlo gratuitamente sulla sua pagina BandCamp. 
A cura di Gabriele Cavallo
 

Tags: intervista, mondo, legame armonico, cavallo, conservatorio

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