VINCENZO CALO’ LA “CONFERMA POETICA” FRANCAVILLESE
Intervista a cura di Antonio Di Lena
Benvenuto Vincenzo, anche se questa redazione in realtà è anche casa tua…È sempre un piacere avere a che fare con chi crede nelle mie capacità. SdS è la dimostrazione che le passioni si possono sviluppare senza l’intento di predominare sugli altri; piuttosto la reputo come una palestra per la sensibilità umana da manifestare sperimentando, sapendo di valere aldilà del giudizio seccante giacché popolare, da condannare insomma sollecitando gli utenti a dei comportamenti virtuosi benché fieri di appartenere alle minoranze, perché s’è vero che tutto torna allora noi sì che condividiamo la pazzia insita all’attesa dei sani ideali. Ci nutriamo di curiosità in forma autonoma, con lo sprezzo dell’emarginazione; a costo di andare controcorrente, di sfidare la modernità, raccogliamo opere artistiche tra il privato e il pubblico per concepire un modo autentico di partecipare nella società civile, volendo essere informati sulla libertà conseguente dai nostri stessi gesti, da scrutare giocoforza, consci di avere dei fondamentali, del buongusto, per non cadere nel vuoto sancito dal cattivo gusto.
A livello letterario, il tuo "palmares" usando un gergo calcistico a te caro... quanto influisce sulla tua personalità letteraria? Un bel niente. Diciott’anni anni fa volevo cominciare a esprimermi senza passare più come un fenomeno da baraccone per socializzare (e cioè memorizzando d’incanto statistiche circa uno sport che non lo è più come il calcio per l’appunto, per sputarle poi alla mediocrità che le richiede quando non ha un cazzo da fare), e in automatico mi sono fatto conoscere galleggiando (con quel salvagente che si ricrea apprendendo dalla decadenza dell’improprio per migliorare la condizione propria e vitale) in iniziative culturali (a quel tempo univoche e appiattenti) che sono tutto fuorché tali quando si presenta la responsabilità, oramai tragica, di decretare vincitori e perdenti. Senza contare che i concorsi letterari lasciano il tempo che trovano non comportando lavoro, ho avanzato proposte in versi che ritenevo i peggiori del mio repertorio, per verificare quanto fossi inaccettabile, ed è accaduto in alcuni casi l’esatto contrario. Ho fatto allora contenta mia madre, delucidandola sulla mia autostima, cogliendo tuttora inviti da intellettuali che ragionano all’antica e che perciò non sono degl’intellettuali, come a ribadire il concetto che tutti quelli che scrivono hanno diritto a venire letti dovendo inquadrarsi carismaticamente, e chi ama leggere può esclusivamente riprodurre in cuor suo l’inevitabile.
Prima di parlare del tuo nuovo libro, vorrei percorressimo insieme per gli amici e lettori di SuoniDelSilenzio.it la tua vita letteraria parlando un po’ delle tue precedenti pubblicazioni, iniziamo con "C'è da Giurare che siamo Veri"... Ricorre il decennale da questa mia opera prima che a detta di molti critici rimanderebbe alla beat generation: sedici poemetti esistenziali, sull’individuo che gira intorno alla modernità, incapace di sentirsi in colpa per il qualunquismo che ingurgita vagando mentalmente come un’entità fannullona, in mancanza di un criterio oggettivo a tal proposito.
"In un Bene Impacchettato Male"... Trattasi della raccolta di tutte le liriche che ho composto nel 2012, argomentando su un dono che come tanti non sorprende più, ossia quello della Vita, confezionato in fretta e furia se non all’ultimo momento da persone rassegnate a seguire la realtà delle cose, l’attualità che incanta deformando ambizioni a prova di bomba, e cioè di ego… e lo dimostra l’autorevolezza terrena se non addirittura fasulla che non va oltre alla rilevazione di un affronto quando diventa indispensabile confrontarsi (dato il terrore di ammettere di aver fallito maturando le solite conoscenze), a scapito della solidarietà d’armonizzare prima e istituzionalizzare poi, con i sentimenti dunque a incepparsi facilmente, bloccati perché ci si annoia a concentrarsi su di essi prendendoli singolarmente, concependo la precarietà per ripulirli dal materialismo.
"Storia di un Alito di Puzzola"... È il resoconto in versi ipercontemporanei di una coscienza civile, succhiata come una mentina dall’emarginato di turno, che attende di sognare quale suo simile sfruttare. Questa raccolta potete riceverla rivolgendovi tranquillamente a me, tramite Messenger o via mail, indirizzandovi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ; si rivela emozionante per chi fa dell’incomprensione un parco dei divertimenti, leggibile per chi esige dell’attivismo contribuendo alla straordinarietà delle alternative per resistere nella società. Non concepisce la gratuità, salvo quella degli affetti, perché dietro c’è un lavoro, un tempo che passa guardando in faccia a nessuno, men che meno alla serialità di un like.
Su You Tube insieme al fondatore di NelBelSalento.it Antonio Maria Karelias Ferriero avete portato un laboratorio sperimentale psico-culturale chiamato "Cazzeggiando in Sospensione…", parlaci di questo progetto, quante puntate avete girato e come erano formate le sessioni? Parlando per me, andava realizzato per il bene del mio intelletto balbettante in quanto straripante era ed è l’immaginario. Ne ha giovato l’istinto che lega la persona che sono (brava ma non troppo) con il personaggio che interpreto talvolta per non temere l’estraneità (che sarebbe la mia balbuzie puramente espressiva, che si manifesta ogni volta che m’innervosisco), così seriamente da risultare un cabarettista poetante agli occhi di un regista cinematografico, nostro compaesano. Merito di un amico, il buon Ferry, che mi ospitava nella sua creatività misericordiosa. Specie in fase di montaggio il divertimento era assicurato, dovendo dare un senso al materiale registrato e racchiuderlo nel titolo della puntata che utilizzavamo a sua volta per trovare un’immagine che facesse da sfondo allegorico all’inquadratura; senza contare che mi sbizzarrivo diversificando il motivetto per la sigla iniziale, per decine e decine di puntate, roba che saremmo potuti uscire con una compilation se non fosse che necessitavamo di conservarci per la sigla finale, spassosa giusto per alleggerire della saggezza intrapresa casualmente o rancorosamente, denotata la realtà quotidiana alle porte del weekend! Sul punto di avere nulla da fare, invece di sballarci e dimenticare tutto quello che ci accadeva, si filosofeggiava complessando tutto quello che ci voleva, alludendo in fondo al nuovo, ovvero al buonsenso che non avanza a causa di una logica tanto comune quanto indifferente. S’improvvisava un dialogo con una libertà di argomentare entro un determinato tempo, per non stancare gli utenti o le visualizzazioni (di una pochezza che faceva chiaramente riflettere, e che dunque era deprimente) che dirsi “voglia”! Il progetto vale come strumento per socializzare, non escludiamo di recuperarlo e ampliarlo con più presenze umane e non solo, quando avremo modo io e Ferry d’incontrarci “nuovamente”.
Tu sei il promotore nella tua città della cosiddetta "Poesaggistica", col titolo "All'Anima di… Francavilla!", hai ideato una passeggiata col poeta nella città di Francavilla Fontana (BR), partita dall'estrema periferia e arrivata nel centro storico… noi eravamo presenti anni fa alla prima nazionale, e ricordo con grande felicità la grande partecipazione popolare soprattutto da parte di curiosi e amanti della poesia venuti da fuori città. Ora la domanda è questa: oggi c'è bisogno di passeggiare poeticamente o trovare la poesia dentro di noi? Inoltre, come ti è venuta in mente l'idea di creare una passeggiata col poeta in una città del Nord Salento partendo proprio da uno dei quartieri più periferici e difficili a livello culturale? Se pensi che la Poesia non confacente ai maestri del passato (anch’essa quasi introvabile nelle librerie persino indipendenti) è tornata in auge solo grazie al gossip orchestrato più o meno dalla Isoardi che lasciò Salvini citando Gio Evan (con tutto il rispetto per Gio Evan), allora deduci la derisione e/o peggio ancora il pregiudizio nei riguardi dei suoi amanti (mi riferisco alla Poesia) che sono costretti praticamente a uscire allo scoperto, in modo passionale ma soprattutto originale, preservando l’umiltà ch’è indispensabile per non squilibrare dei destini da un punto di vista prettamente sentimentale; come delle guide per viaggi mentali molteplici, scomodando la cultura da luoghi scontati, classicheggianti, e facendo sì che coloro che assistono non arrivino ad annoiarsi, potendo seguire, raggiungere e addirittura superare i passi che un artista della parola compie da una vita, talmente sinceri se non emozionanti da mescolare il bello (la natura di un posto nel mondo, da sogno) col brutto (la contaminazione per motivi sterili dacché personali, che rinunciamo ad ammettere pubblicamente), per destare interesse (il domani sul quale umanamente azzardare riqualificando dei talenti e magicamente quello che ne deriva, fino a mettersi in discussione ma degustando perché no un aperitivo alla fine di una passeggiata, tutti insieme, come se orgogliosi di risiedere o di aver toccato una terra accogliente grazie al pensiero del libero cittadino, di colui che soffre perché è in grado di amare la sua città anche se oggettivamente insignificante!) e mai indifferenza (la Poesia, intesa come armonia dei sensi, che non riesce a sortire guadagno per l’oggi manco fosse impossibile correggerla condividendola!). Noi quella volta camminavamo a lungo e in largo, rappresentavamo finalmente, di nuovo un popolo per gli occhi d’individui isolati, quelli che “partono” rassegnati a non essere presi più in considerazione, ma che in quella circostanza solo una cosa non riuscivano a fare: tirarsi indietro.
Tu sei anche un Clown-teatrante e amministratore per Facebook del gruppo poetico "Reading Mania", possiamo dire che il mondo di Calò sia una dinamite poetico-culturale? No, mi so organizzare, mi concentro su idee da sviluppare prendendole singolarmente, accarezzando la mia libertà fanciullesca per non smarrire alcuna chiave d’interpretazione. Senza avere delle grandi aspettative: un conto è invitare le persone a cambiare, un altro è cambiare le persone.
Perché "La Sicurezza e il Pensiero Cardiopatico"? Perché di certo c’è rimasta l’ansia che partorisce il fatto che dobbiamo muoverci nel mondo prima o poi per stare bene con la descrizione universale di noi stessi, permettendo che il fiore dei sentimenti sbocci tra il corpo e la mente martoriati dall’attualità.
La tua nuova copertina rilassa e dà un senso di sicurezza, come nasce? È una foto con un mare aperto, quieto in prospettiva ma che sembra fremere appena ci entri; scattata da una persona che lo ama, con la quale mi sto relazionando sentimentalmente come mai prima d’ora, ch’è riuscita a comprendere all’istante quello che cercavo, cioè a vestire la mia parola così surreale e ignuda, affinché non soffra il freddo dell’indifferenza di primo acchito, centrandone il significato, nonostante i cerchi concentrici che si manifestano quando getto la pietra di un qualsivoglia ragionamento nell’anima di un qualsivoglia potenziale lettore.
Parlaci anche delle altre copertine dei tuoi lavori precedenti, come nascono e come sono state ideate... Beh, in quella di “C’è da giurare che siamo veri…” ci sono io, immerso nella lettura come se volessi refrigerarmi data la calura estiva, furtivamente immortalato da mia sorella. Quella di “In un bene impacchettato male”, per la quale non smetterò mai di ringraziare Ambra Simeone, colei che mi aveva assistito a ogni fase di stampa del libro (edito dalla deComporre), raffigura un prezioso solitario ma in pena, come se una volta acquistato permanga in attesa di essere donato, ed effettivamente all’apparenza si può appurare al massimo la confezione da regalo sui generis, svalutante il contenuto. Per “Storia di un alito di puzzola”, con l’aiuto di Antonio Maria Karealias Ferriero e di chi per lui son tornato a dare mostra di me: disperato, al margine della società, incapace di fronteggiare della luce artificiale, accecante, proveniente dallo schermo di un supporto informatico come tanti, divenuto ahinoi indispensabile per non dire mostruoso… a rincuorarmi provvede un orsacchiotto di peluche, anche se aleggiano bocche alitanti, a sciogliere con il loro amaro un dolce legame, incapaci di comunicare.
Parlaci dell'incontro con Bertoni Editore... Per uno degli assistenti di Jean Luc (Bertoni), il poeta Bruno Mohorovich, mi prodigo doppiamente curandogli una sottospecie di ufficio stampa. Di conseguenza, aldilà di questa mia attività mi sono approcciato con questa piccola casa editrice umbra, forse l’unica, per quel che io ne sappia, che si sta ingrandendo modernizzandosi ma senza perdere di vista le proprie competenze, che le sviluppa senza chiedere soldi agli autori a priori, non tralasciando alcun genere letterario, organizzando eventi con il principale responsabile (ce ne sta uno/a/+ per ogni collana) che si attiva di persona manco avesse il dono dell’ubiquità, ponendo sullo stesso piano tutti gli autori, nonostante tanti nomi affermati si stiano incuriosendo.
La poesia ci salverà? Lo fa di già, ma non ce ne accorgiamo, perché come le emozioni essa rimane incalcolabile, rappresenta un mistero, quello più anomalo, facendo aderire l’istinto all’istante serenamente, mentre siamo soliti a scambiare la vita per la sopravvivenza, a dare troppo peso alla parola, con la quale piuttosto bisogna giocare schiarendo le sottilissime sfumature di un regime di attrazione, senza svuotarci per convincere coloro che pretendono di capire tutto e tutt’a un tratto, che in realtà nutrono complessi d’inferiorità in cuor proprio, divenendo insensibili.
Quali e quanti sono i canali di divulgazione culturale di Vincenzo Calò? Sono collaborazioni che provo a maturare con svariate sigle, indipendenti perlopiù e che perciò non si fanno problemi ad apparire e scomparire dal web. Comunque sono minimo sette/otto i soggetti di riferimento costante, tra operatori culturali, blogger e giornalisti radio/tv che accettano da una vita suppergiù di condividere i miei servizi approfonditi dacché volti a favorire artisti emergenti, svolti nei ritagli di tempo avendo una mamma e una nonna d’assistere principalmente ma soprattutto piacevolmente. Quindi approfitto per ringraziare di vero cuore te, Erica Gazzoldi, Giuseppe Di Summa, la redazione di Roma Capitale Magazine, Giovanna Marchetti, Antonio Spagnuolo e Isabella Cavallari.
Pensi che nelle scuole servano meno ore di religione e più ore di sperimentazione culturale? L’ora di religione che io sappia è già di per sé spicciola, essendo programmata settimanalmente, senza contare che forse è pure facoltativa. Magari in quell’ora si dovrebbe allargare il campo di veduta, che diventi “delle religioni” insomma. Il problema è che, e includo l’Università, scarseggiano sempre più gl’insegnanti che si sentono d’essere dei missionari invece che degli statali frustrati, anche loro in preda al voto, a un generatore di diseguaglianze (e specie tra gli adolescenti) se non lo si usa con estrema cautela, quando invece si manca di meritocrazia sin dall’origine, al momento di selezionare proprio dei presumibili bacchettoni o scaricatori di nervi scoperti che dirsi “non voglia”, che dovrebbero piuttosto impartire nozioni di qualsiasi materia (ossia assicurazioni sul Lavoro, altrimenti che senso ha andare a scuola?) amorevolmente, alla luce e non all’oscuro delle tendenze moderne (facendo perno sui pregi e non sui difetti di esseri ingenui, da individuare pazientemente), dimodoché si reintegrino i miti del passato, e in generale con la complicità di un’altra istituzione, qual è la Famiglia.
Ma davvero ne usciremo migliori? Sì se stiamo capendo nelle difficoltà quali sono i nostri punti di riferimento. Che pochi mezzi favoriscono tante idee e quindi un percorso alternativo per tanti giovani artisti. Che la pandemia ha accelerato un processo tecnologico inevitabile ma propositivo, virtuale ma anche spettacolare.
Sai cosa c’è invece? È che ne stiamo uscendo più schiariti, quindi sarebbe più facile cogliere della malafede se non fosse che la coerenza vale come un pasto che pretendiamo di fare uscire da quel forno che sarebbe la Coscienza dimenticando che ci si scotta, che non la s’inventa in maniera complottistica… che se il vaccino anticovid non è sicuro allora chi si ammala d’altro non deve prendere qualsiasi cosa, che gli esperti di malattie infettive ancora faticano a capacitarsi, tanto vale spettacolarizzare, raggiungere il successo sbagliando con le tesi circa la salvaguardia della società civile, da un’emergenza globale e storica più unica che rara, cosicché quella puttana ch’è l’Ignoranza si permette di dar lezione sul Covid nel regno dell’informale, il social-network, che azzittisce le fonti d’informazione più affidabili ma non le più accreditate in termini di guadagno materiale. Ho l’impressione che rimarremo anche per il 2021 affamati di giustizia, ma ogni volta a disastro avvenuto, e non volendo mai cambiare, specialmente per il bene degli altri… semmai ci stuzzicano le semplificazioni dei negazionisti. Come sostiene un mio amico, di questo passo ne usciranno migliori i migliori, e ricchi o poveri, guardie o ladri che siano poco importa aggiungo io, considerato che siamo costretti a scegliere, e subito, tra la Salute e il Lavoro in un Paese che stava gestendo in un primo momento con dignità se non bene la pandemia roba che il tutto il Mondo c’ha preso come esempio, perché seguivamo (politici inclusi!) nient’altro che i consigli degli esperti.
Paese il nostro però economicamente devastato da una vita, non avendolo riformato mai strutturalmente, per una visione a medio/lungo termine impossibile d’attuare a causa di governi che mutano di continuo e mettendo a nudo un territorio dalle rivendicazioni sin troppo sfaccettate per non dire lobbistiche. Poiché incapaci, se non di fare bene il mestiere qual è (e rendiamoci conto che non si tratta di lurido passatempo) quello del politico (nel contemporaneo, che essendo tale presuppone almeno lo sforzo di ristorare nell’immediato chi soffre la pandemia materialmente, che si vede costretto naturalmente ad attenersi alle misure restrittive!), di assumere una posizione univoca se non ideologica almeno per garantire dei servizi essenziali, coordinando trasporti, scuola e sanità col caposaldo della pubblica sicurezza in stato d’emergenza, per un vivere civile in un Paese serio. Guarda caso ci siamo ritrovati - e ora il Mondo ci deride dato che l’Ue potrebbe fare marcia indietro per quanto concerne il Recovery Fund quasi esclusivamente a nostro favore per merito di “Giuseppi” Conte e nonostante eravamo soliti a non spendere o a spendere fondi comunitari senza attenerci a determinate voci di bilancio - con una crisi di governo poco prima di risolvere la pandemia per mezzo dei vaccini, e un’opposizione (eccetto Berlusconi, no dico: Berlusconi!) che di certo non ha imparato la lezione del Covid ma è pronta a subentrare per rigurgito populista, alquanto assembrante (a sprezzo dell’Ue?).
Se ti dico "San Lorenzo" inteso come quartiere, cosa mi dici? Che da qui inizia la mia “passeggiata col poeta”: osservando montagne di scatole e bottiglie che contenevano birra, che occorre scalare magari professando la fede cristiana all’aperto e non chiusi in Chiesa, a tralasciare una riqualificazione urbana e addirittura sradicante, senza mai volerla intendere come spirituale, culturalmente accomodante; perché altrimenti bisognerebbe rivolgersi agli psicologi, malgraditi manco fossero questi dei demoni lesti a squartare cittadini che continuano invece a vantarsi di far parte della normalità, ovvero a strumentalizzarsi per del potere di conseguenza facile, a buon mercato come una qualsiasi droga; detestando insomma la follia, ossia il ritorno ai buoni sentimenti che avviene spontaneo, evidenziando dei talenti senza soppesarli, per esistere. Vedi i tanti giovani di colore, che se ne vengono bravi a giocare a calcio, facenti gruppo aperto sfruttando uno spazio enorme quanto una città nella città, ripulito per ordine pubblico, e cioè solo per evitare la figuraccia con uno come Salvini, ma mai rinnovato in fondo; sfruttando un’occasione ingestibile a oggi ma da non sprecare potendo socializzare senza dover dimostrare qualcosa di consumabile, di limitante.
Possiamo definirti uno dei più attivi promotori culturali dal 2000 ad oggi in Italia? No, altrimenti mi emoziono, mi fermo con tutto che amo camminare e non potreste più definirmi tale. Faticando ad avere i mezzi per attivarmi a tutto spiano - essendo ribadisco un libero cittadino che non si chiude nel volontariato farlocco per la maggior parte dei casi, a contare i soldi, in base alle tessere rilasciate per farne parte anche solo simbolicamente, che servono al massimo per coltivare il proprio orticello - mi ritengo piuttosto tra i più originali benché solleciti alla fin fine una rivoluzione interna al sistema culturale, che sia fatta di rimpatriate con l’obbligo di portare da mangiare e bere per nutrire piccole aspettative, senza badare solo a vendere prodotti, ma volte a conoscere chi c’è dietro un prodotto preferibilmente barattabile e meglio ancora se variegato artisticamente parlando, nonché lungi dal classico scontro generazionale muto e ammutolente. Pensa se si realizzasse, crollerebbe la visione stereotipatissima ma soprattutto straridotta dagli umori socioeconomici (bassamente berlusconiani per principio), di un pur onesto Franceschini (c’è di peggio sull’altra sponda politica, eh, ossia la mancanza di una visione culturale)…! Io non smetterei di propormi a dirigere questa rivoluzione, e accadrà finché i miei clienti che sono prima di tutto degli amici non riterranno di avere a che fare con uno che agisce meglio di un professionista sui generis (che invece d’incassare il colpo perderebbe il tempo a infangarmi, sognando di cacciarmi da qualsiasi sistema).
Quanta salentinità troviamo nelle tue opere? Tolto il discorso sulla Poesaggistica, mai pensato d’iniettarla, e se succede avviene per mero caso, e poi ci vorrebbe la lente d’ingrandimento per rapportarsi con schegge di paura taglientissime ma bellissime, di purissimo immobilismo. Principalmente per una questione di carattere, il mio, freddo nei momenti che contano oggettivamente, potendo distaccarmici amando la solitudine, per guardarli dall’alto verso il basso, senza insanguinare, far del male sperimentando nuovi significati alla portata di pochi ma onesti intenditori del buonsenso insito al domani… e comunque il Salento rischia d’evolversi, disponendo di manager che fanno bene, anzi benissimo nient’altro che il loro mestiere, ingrossando il brand, insinuandolo tra aspetti di un intrattenimento distante anni luce dal pianeta Salento… e come se non evitando che la politica italiana per non dire pugliese con le sembianze del formaggio emmenthal predomini, tanto da coinvolgere gl’intellettuali di oggi, che vanno per la maggiore solo perché sanno gridare, stordire il popolino che disconosce così una miseria ricca di odori, sapori e tradizioni, dimenticando che già di per sé essa vale poeticamente, ovvero la sconvenienza, nella quale i turisti stranieri si abbandonano (e qui rientra il discorso sulla Poesaggistica)!
La poesia è uno sfogo politico? Lo sarebbe anche, se non fosse che torna indietro, perché i destinatari non intendono in fondo socializzare; e soprattutto perché la gran parte di chi lo compone non si astiene al momento di eleggere dei rappresentanti che appunto sono tutto fuorché tali, e coloro che si astengono non si uniscono per rappresentare un Popolo.
Come intendi promuovere il tuo lavoro viste le restrizioni? Esattamente come sto facendo ora: rispondendo a domande come queste che tu mi poni, per confidare su un piccolo grande seguito di amanti della lettura. Se ti accontenti di poco per stare bene viene naturale concentrarti su quel poco da corrispondere per dare luce al domani… e poi non sono propenso a fare delle presentazioni online e verificare se i like siano direttamente proporzionali alle vendite… in ragione di cosa? Di un tutto & subito inaridente l’immaginario fino a rendermi superficiale e dunque irricevibile al momento di uscire realmente fuori, cessata l’emergenza covid?
Una tua poesia che ricordi con affetto? Ne scrivo in media una al giorno, le mie non si lasciano memorizzare, mordono (specie me medesimo), stravolgono e fuggono. Sai, è utile anche farsi del male per crescere, e cioè differenziare uno stile di comunicazione per adattarsi in troppe situazioni d’inimicizia.
Tricarico diceva..."Da piccolo la Musica mi ha salvato", possiamo dire lo stesso in fase poetica per te? Mi sono avvicinato alla Poesia proprio ascoltando la Musica prima della maggiore età, di cantautori quali Bersani e Gazzè. C’è stato modo di acquisire crediti per una maturità scolastica per non dire fasulla attraverso un concorso di poesia tra futuri ragionieri programmatori, tema: l’Emarginazione! La mia compianta prof d’Italiano ritirò l’attestato di partecipazione per me con suo sommo sbigottimento: mi dava dello sfigato, come se io non riuscissi a concepire la mia sensibilità. L’ottenimento della maturità fasulla mi ha indotto a inseguire quella veritiera (che già l’avevo rimediata ma si era stufata a quanto pare della mia ospitalità, che difatti consisteva nello stare immobili con intorno cose, animali e persone che mi giravano fino a urtarmi giocoforza e costringermi a focalizzare dei sentimenti), prendendo stavolta l’iniziativa nel più crudele degli smarrimenti, quello conseguente alla libertà d’espressione.
A quando un grande Festival Culturale? Quando una piccola realtà amministrativa o associazionistica mi permetterà di organizzarlo a modo mio.
E se si facesse un campionato di calcio tra poeti? Come chiameresti la tua squadra? Lemieverduresisciacquanoinperditadiamorese F.C. ; e sarebbe rigorosamente composta da persone di una sessualità tutta da riscoprire.
Grazie della lunga e piacevole chiacchierata... a presto...
Prego, è e sarà sempre un piacere perdermi di vista nella mia parola, grazie a degli amici come te
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